Milano, 10 settembre 2017 - 21:54

Diventare padri? Ma gli uomini
fuggono davanti all’andrologo

In una coppia su quattro fra quelle che chiedono di ricorrere a una procedura
di fecondazione assistita, il maschio ha eluso le visite e le verifiche necessarie.
E in circa la metà dei casi, il responsabile del mancato concepimento è lui

(Getty Images) (Getty Images)
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Quando un figlio non arriva, il primo pensiero corre alla donna: il retaggio culturale che attribuisce solo alla madre la responsabilità della procreazione è duro a morire. Così tuttora il primo (e spesso unico) medico interpellato è il ginecologo, mentre il partner maschile resta ancora, troppo spesso, in secondo piano. Invece può incidere non poco sul progetto di diventare genitori se solo se ne valutasse la fertilità. Stando ai dati presentati dalla Società Italiana di Andrologia (Sia), durante l’ultimo congresso nazionale, tra le coppie che ricorrono a una procedura di procreazione medicalmente assistita (Pma) almeno una su quattro “salta” l’andrologo, cui si aggiunge il 25 per cento delle coppie che hanno qualche difficoltà ma non si rivolgono a uno dei 369 Centri di medicina della riproduzione autorizzati in Italia.

La Pma come scorciatoia

«Si tratta di un totale di ben 18mila coppie che arrivano alla fecondazione artificiale e di altre 40mila che non vi ricorrono ma faticano ad avere un bebè - spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia -. Casi in cui si “dimentica” la diagnosi e la cura di problemi maschili di fertilità, che spesso invece potrebbero essere trattati e risolti con interventi meno complicati e costosi di una Pma: abbiamo stimato che un iter che preveda da subito il ginecologo per lei e l’andrologo per lui consentirebbe risparmi per oltre 150 milioni di euro l’anno, evitando circa 8mila interventi di Pma». «Purtroppo la fecondazione assistita - continua Palmieri -, che dovrebbe essere l’ultima spiaggia quando si cerca un figlio, viene utilizzata quasi come fosse una “scorciatoia”, nonostante le procedure siano spesso pesanti: l’80 per cento delle coppie viene sottoposto a terapie di secondo o terzo livello come la Fivet (fertilizzazione in vitro con trasferimento dell’embrione, ndr)». È come se nella ricerca di un bimbo si partisse dal fondo, nell’errata convinzione che la Pma sia il mezzo più veloce per arrivare allo scopo: se non si è seguito il percorso corretto di diagnosi e cura, però, è vero il contrario, così una procedura su due fallisce.

L’uomo resta il grande assente

I programmi di prevenzione per la donna, su cui ci si accanisce spesso cercando di trovare cause di infertilità, si moltiplicano mentre l’uomo resta il grande assente: secondo gli andrologi invece con una buona prevenzione e diagnosi per lui, i disturbi delle coppie infertili potrebbero essere intercettati fino a dieci anni prima di quanto accada oggi. «La normativa prevede il ricorso alla Pma solo se c’è la certificazione di problemi di fertilità maschili che non possono essere curati: nella realtà questa norma è spesso disattesa e si considerano i possibili disturbi dell’uomo dopo, non prima dell’avvio delle procedure di fecondazione artificiale - puntualizza ancora il presidente della Società Italiana di Andrologia -. Anche i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza portano per la prima volta la salute maschile in primo piano, sottolineando la necessità di una consulenza preconcezionale per entrambi i partner: una scelta che deriva dalla consapevolezza che il fattore maschile, quando una coppia è infertile, “pesa” tanto quanto quello femminile visto che in circa la metà dei casi è l’uomo il responsabile del mancato concepimento».

Infertilità maschile raddoppiata

Fra l’altro i guai maschili sembrano destinati ad avere un peso sempre maggiore, se non si cambia rotta: l’infertilità maschile è raddoppiata negli ultimi trent’anni e oggi si stimano due milioni di italiani ipo-fertili, ovvero con una riduzione del numero degli spermatozoi al di sotto dei 15 milioni e della motilità al di sotto del 40 per cento, soprattutto per colpa di stili di vita sbagliati. L’iter da seguire è chiaro: occorre chiedere un consulto con un andrologo o un urologo e sottoporsi innanzitutto allo spermiogramma, l’esame del liquido seminale. «Il test può dirimere da subito il 50 per cento delle cause di infertilità di coppia, indirizzando le indagini successive - spiega Bruno Giammusso, presidente della Commissione Scientifica Sia -. Individuare e trattare i problemi di lui può evitare Pma inutili o quantomeno consentire il ricorso a interventi con un più basso grado di tecnologia, migliorando fino al 50 per cento le probabilità di successo».

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Un figlio si fa in due

«Coinvolgere l’uomo è importante anche perché la donna non può e non deve sostenere da sola l’impatto delle terapie: un figlio si fa in due ed è essenziale che entrambi i partner si prendano carico delle difficoltà nel diventare genitori, psicologicamente e nella pratica» dice Giammusso. «Il nostro obiettivo deve essere una “procreazione naturalmente assistita”, risolvendo i problemi alla base dell’infertilità ove possibile per garantire un concepimento naturale al maggior numero di coppie - osserva Palmieri -. La prevenzione deve essere il primo obiettivo, ma anche un percorso che non trascuri lui può realmente cambiare l’esito di tante storie difficili, consentendo a molti di non imbarcarsi in procedure complesse, costose e stressanti se non è proprio necessario».

Calo degli ormoni sessuali

L’andropausa può influenzare la fertilità? Ormai è sicuro che anche gli uomini, invecchiando, vanno incontro a un calo degli ormoni sessuali che si ripercuote in una riduzione delle prestazioni sessuali: a partire dai 40 anni circa il testosterone prodotto dai testicoli inizia a scendere di circa l’1 per cento ogni anno e a un certo punto il livello può essere così basso da dare i sintomi di un vero climaterio al maschile (disfunzioni sessuali, disturbi del sonno e della memoria, aumento del grasso sull’addome, osteoporosi, riduzione di volume e consistenza dei testicoli). Tutto questo può influenzare il desiderio, ma non la capacità di mettere al mondo un figlio come spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA: «La fertilità maschile non si interrompe mai, come dimostrano casi di figli nati da uomini in tarda o tardissima età. Tuttavia la struttura e la qualità degli spermatozoi peggiora con gli anni».

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